domenica 3 febbraio 2013

Sull'orlo del baratro (di Rita Pani)


Sarebbe facile lasciarsi andare, seguire l’istinto e scrivere quaranta pagine di invettiva contro il Vaticano, invece per una volta vorrei provare a sviscerare il problema – qualora fosse un problema – e comprendere perché, due gay che si uniscono in matrimonio, sarebbero in grado di portare me sul baratro. Vorrei comprendere, analizzando il
punto, cosa s’intenda per baratro.

"Siamo vicini al baratro", ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, "l'Italia non deve prendere esempio da queste situazioni che hanno esiti estremamente pericolosi. Non seguiamone le orme", riferendosi alla coraggiosa e civile posizione del legislatore Francese, che finalmente ha tirato fuori la testa dalla sabbia.

Allora: “Perché legalizzare l’unione civile degli omosessuali dovrebbe essere ciò che porterà la civiltà sull’orlo del baratro?”
Potrei stare un paio d’ore con questo foglio elettronico aperto sul mio monitor, e resterebbe desolatamente bianco e vuoto, perché davvero non c’è un perché. Ci sarà forse quando Giovanardi si esprimerà per l’ennesima volta sull’argomento, dimostrando come si sia già ben oltre l’orlo del baratro, in una società che mistifica tutto, anche la religione, anche quella fede che dovrebbe aiutare a vivere tutti noi in un mondo perfetto, secondo le regole di un Cristianesimo che se applicate, seguite e fatte legge, ci farebbe respirare aria pulita, ci farebbe vivere col sorriso da donare agli altri, ci farebbe ricordare di cosa voglia dire essere caritatevoli, avere a cuore il destino della collettività, prima che il nostro. Ma son tutte balle, e noi lo sappiamo bene.

È più facile e probabilmente anche più utile il ricorso al ragionamento coerente, alla demolizione dell’ipocrisia che governa il clero, in quest’Italia serva di uno staterello criminale, che brandisce crocifissi, che si fa scudo di un Dio che tutto vede, e troppo tollera.

Facile sarebbe far ricorso allo scempio della pedofilia, alla ricchezza di uno stato estero che spadroneggia in territorio italiano, che non paga le tasse in nome di Dio. Ricordare Marcinkus e lo Ior, gli scandali dimenticati che però ancora non si lasciano dimenticare a distanza di oltre trent’anni, di quel Papa fatto santo subito perché c’era necessità di un testimonial che pubblicizzasse al meglio un prodotto ormai scaduto e avariato, quale è la Chiesa degli uomini, più che di Dio. E le vittime che negli anni, in nome del dio danaro del Vaticano sono state prodotte, come Manuela Orlandi, per esempio, della quale a distanza di più di trent’anni nessuno sa nulla, se pure tutti sanno tutto. E molte altre storie si potrebbero raccontare, di un sistema che spesso ha portato l’uomo bel oltre quel baratro ora paventato dalla legalizzazione di un rapporto di coppia, che a nessuno nulla toglierebbe, nemmeno a un Dio misericordioso, qualora ci fosse.

Vorrei davvero riuscire a comprendere il pensiero contorto del cardinale Bagnasco, ma è più facile comprendere perché a un certo punto il Vaticano ha ritirato dalle banche italiane tutto il danaro contante, preferendo depositarlo nelle banche tedesche. È un baratro più semplicemente distinguibile, dinnanzi al quale ci si può fermare in tempo.

L’Italia dovrebbe prendere esempio dalla Francia, almeno un po’; non solo per quanto riguarda la giusta legalizzazione delle unioni civili tra omosessuali, i quali almeno avrebbero qualche briciola di diritto familiare, ma anche dalla storia. Non sarebbe male, per esempio, se si riportassero il Papa ad Avignone, che i Cosacchi, purtroppo, non arriveranno più.

Rita Pani (APOLIDE) - 03 FEBBRAIO 2013 -
R-ESISTENZA-INFINITA
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