sabato 19 gennaio 2013

I pm che incidono sul voto (di Rita Pani)


Il mio problema è che non riesco ad adeguarmi, a “normalizzarmi”. Vorrei tacere, ma poi esprimermi diventa necessario, perché tacendo finirei per normalizzarmi anche io, finirei quindi per essere complice di questo sistema che ho iniziato a rifiutare e combattere troppo tempo fa.
“Le parole sono importanti” recitava Nanni Moretti strappandoci un sorriso, che col tempo e
con la storia ha finito per sembrare quasi una paresi.
Io non posso fare finta che sia normale stare ad ascoltare le dichiarazioni dell’avvocato di un tizio malavitoso, che come se nulla sapessimo, torna per l’ennesima volta ad appestare le nostre vite. Io non posso credere che un avvocato intento a tutelare il suo assistito, possa sovvertire il senso dello stato.
Non è normale sentirsi dire che “i pm incidono sul voto”, senza che nessuno prenda posizione per ribadire fino alla nausea che in un paese normale un tizio che ha sulle spalle un numero abbondante di processi in corso, non dovrebbe essere candidato nemmeno alla carica di amministratore di condominio.
Non è normale questa campagna elettorale, fatta di “nomination” più che di contenuti. Di calcoli matematici più che di programmi che diano risposte al malessere che ormai è disperazione.
Persino gli improbabili rivoluzionari civili, si trovano oggi a dover discutere di seggi protetti, candidature blindate, sacrificando il poco di civiltà che erano riusciti a trovare, per garantire la protezione di chi al beneficio personale non sa proprio rinunciare.
La bufala delle primarie del PD, che premia un operaio e salva le chiappe a chi non ha avuto la dignità di dire basta – che certo non sarebbe andato a fare la fame, visto che le loro pensioni non si discutono mai – che presentano al popolo un’altra illusione che è solo più decente di quelle proposte da una lega nord, fatta di ladri di polli, e ignoranti arricchiti, che hanno odorato il profumo dei soldi italiani, sfruttando l’altra ignoranza di coloro che rappresentavano e promettendo ancora le stesse promesse, di questo nord, che non si capisce più nemmeno cosa sia, con i confini tracciati a matita e pure sbagliati, da un borghezio che i sogni gli ha ereditati da Hitler, ma non è buono manco ad essere un imbianchino.
E ogni giorno sentiamo parole lanciate col megafono mediatico, che se ci ricordassimo di quanto potremmo essere intelligenti, volendo, gliele ributteremo tutte indietro anche a quel giullare che non mi ha mai fatto ridere, che porta in giro il suo Tsunami tour, con onde anomale di cazzate cosmiche, una al giorno per far effetto sui poveretti che proprio non ce la farebbero a sopportare la fatica di pensare. Pensare a un Italia senza il sindacato … e per sindacato non intendo quelli che si sono “normalizzati” ma quelli che sono rimasti fedeli al senso della lotta operaia, che ci aveva portato ad avere lavoro e salario insieme ai diritti. Per sindacato non s’intende la feccia berlusconista che ha svenduto lo statuto dei lavoratori a Marchionne, ma tutte quelle donne e quegli uomini che senza megafoni combattono giorno dopo giorno per salvare almeno la dignità, e che aiutano l’operaio o il lavoratore a non smettere di sperare.
Ma questa è ormai la regola dell’Italia sovvertita, dove è normale ciò che neppure dovrebbe esistere nel peggiore dei nostri incubi. Dove la vita è un incubo che ci terrorizzerà ancora. Perché ancora abbiamo da imparare.

Rita Pani (APOLIDE sgomenta) - 18 gennaio 2013 -
R-ESISTENZA-INFINITA
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