mercoledì 17 ottobre 2012

PFM, la storia infinita 40 anni di carriera


LA PREMIATA FORNERIA MARCONI FESTEGGIA I QUARANT’ANNI DI CARRIERA CON UN TRIPLO CD

La storia, più che di un minuto, è lunga quarant’anni. E anzi non bastano. In equilibrio costante tra virtuosisimo ed esercizio di stile, la Pfm festeggia il quarantennale di Storia di un
minuto e Per un amico. Entrambi del ’72. La Sony ha pubblicato ieri Celebration 1972-2012, triplo cd formato book set. I primi due album sono stati rimasterizzati, nel terzo cd ci sono rarità dal vivo.

E poi un libro di 60, pagine curato da Sandro Neri. Foto inedite. E la copertina di Guido Harari, fotografo storico dei cantautori (e non solo). “Due dischi nello stesso anno era un gesto forte per afferrare il futuro nel 1972”, racconta la band. “E' bello che il tempo oggi restituisca intatta la nostra curiosità artistica di allora trasformata in energia sui palchi di tutto il mondo”. La storia della Premiata Forneria Marconi – il nome deriva dal negozio bresciano frequentato da Mauro Pagani, violinista del gruppo fino al ’76: la loro fase migliore – è una carrellata di picchi. Assoli. Plebisciti (tanti). Silenzi (pochi). Nelle pieghe migliori della storia italiana li si incontra spesso, come protagonisti o comprimari di lusso.

C’erano anche Franco Mussida e Franz Di Cioccio, chitarrista e batterista, nella registrazione chilometrica di Dio mio no, uno dei brani più meravigliosamente cazzari di Lucio Battisti. C’era tutta la band, con formazione embrionale e nome diverso (I Quelli), dentro il 33 giri che Fabrizio De André reputerà fino alla fine il suo capolavoro (La buona novella). E fu la Pfm, a cavallo tra ’78 e ’79, a volere quella tournèe leggendaria con Faber. Bella per tutti, tranne che per i puristi. Miopi come tutti i puristi. Senza la Pfm, Il pescatore sarebbe orfano di riff e Amico fragile non avrebbe abbracciato l’epica. Oltremodo superiore alle band “rivali” (Osanna, Perigeo, Le Orme) e dichiaratamente debitrice di modelli stranieri (Genesis, Pink Floyd, King Crimson), la Pfm è stata - e rimane - esondazione di variazioni, intuizioni barocche e jam sessions torrenziali. Mix perfetto anche per il pubblico angloamericano e giapponese, che infatti li adottò – evento raro per un gruppo italiano – nei Settanta. Ha evitato il riflusso degli Ottanta con un rock piacevole (Suonare suonare), si è fermata (nel 1987), è tornata (nel 1997).


Il cofanetto restituisce i lampi migliori, le carrozze di Hans, le feste. Con gli anni non hanno perso la magniloquenza (l’opera rock su Dracula), l’orgoglio per avere cucito gli abiti migliori a De André (di cui hanno reinciso La buona novella) e il coraggio (la cover di Quando è moda è moda al Festival Gaber 2011). L’organico si è via via assestato, tra batteristi secondari (Walter Calloni, Roberto Gualdi, Piero Monterisi) che si aggiungevano a Di Cioccio, divenuto anche cantante; violinisti chiamati a gestire l’eredità pesante di Pagani (Lucio “Violino” Fabbri); voci part-time che non sarebbero durate (Bernardo Lanzetti); tastieristi che adesso prosperano con le colonne sonore degli spot (Flavio Premoli); e transfughi degli Area, come il bassista Patrick Djivas, che nella tournèe burrascosa con De André era quello più incline al litigio e che si è parallelamente specializzato nei jingle (soprattutto Mediaset, ad esempio la sigla del Tg5).Il grande limite del progressive è stato il tecnicismo.

All'estero come in Italia. Così bravi da esagerare, quasi senza volerlo. L’ostentazione ha spesso messo in secondo piano le idee. Alla Pfm è successo. Non sempre, però. Inarrivabili come compagni di viaggio, preziosi nei loro tutt’altro che sporadici apici discografici. Il nucleo storico non è mutato: Di Cioccio, Mussida, Djivas. Follia, ambizione, pacatezza. Testi cresciuti col tempo. Arrangiamenti refrattari al minimalismo. E una resa live che non invecchia (o invecchia benissimo). Dovevano chiamarsi “Isotta Fraschini”.

Per un po’ risposero al nome di Krel. Da quattro decenni sono la Pfm. Note a cascata. Banchetti sonori pantagruelici. E un settembre che impressiona ancora.

(a. sca.) - 17 ottobre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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