sabato 13 ottobre 2012

Mancino-Napolitano quei 18 minuti al telefono


QUATTRO CHIAMATE IN TUTTO. PIÙ UNA QUINTA NELLA QUALE RISPONDE LA MOGLIE DI MANCINO

Palermo
La voce di Napolitano non è mai stata trascritta, le bobine sono custodite in un archivio della procura di Palermo. E cosa si siano detti con Mancino, in quelle conversazioni private che
hanno messo in crisi l’equilibrio tra i poteri dello Stato, resta un mistero. Al telefono, il capo dello Stato e l’ex presidente del Senato, intercettato dai pm, sono stati “sorpresi” a colloquio dai registratori della Dia di Palermo per 18 minuti complessivi, spalmati su quattro telefonate, da dicembre 2011 ad aprile 2012. Nella memoria di 31 pagine, redatta dai difensori della procura che indaga sulla trattativa, i professori Alessandro Pace, Giovanni Serges e Mario Serio, vengono elencati con minuziosa precisione data, ora e numero dei decreti autorizzativi delle quattro telefonate. Non c’è traccia – ovviamente – del contenuto delle conversazioni, ma due (con tutta probabilità) sono chiamate di auguri dell’ex presidente del Senato: quella del 24 dicembre (alle 9,40) e quella del 31 dicembre 2011 (alle 8.48), che durano rispettivamente tre e sei minuti.

Nessuna di queste conversazioni offre spunti penalmente rilevanti, o comunque di interesse investigativo, e quindi il provvedimento che autorizza le intercettazioni nell’abitazione di Mancino, il decreto 1950/11, in scadenza il 26 gennaio 2012, nonostante le sollecitazioni della Dia, non viene prorogato.

Nel frattempo, la procura di Palermo continua ad ascoltare la voce del presidente Napolitano, registrata sempre casualmente, sul cellulare di Mancino, grazie ad un altro decreto, il numero 2423/11, in vigore dal 21 dicembre precedente. É su questa utenza mobile che le altre due telefonate, di quattro e cinque minuti, vengono registrate nel 2012: il 13 gennaio (alle 12.52) e il 6 febbraio (alle 11.12). E se nelle prime due, Mancino chiama e Napolitano risponde, nelle ultime due è il presidente della Repubblica a comporre il numero dell’ex ministro dell’Interno. Anche se in quella del 13 gennaio, il capo dello Stato richiama circa tre ore dopo che al centralino del Quirinale è giunta una chiamata dal cellulare di Mancino . Dal Colle, infine, il 20 aprile 2012, arriva una quinta telefonata, ma risponde Gianna, la moglie di Mancino, che si limita a fornire il numero dello studio del marito.

Cosa vuole stavolta il Quirinale da Mancino? Qual è il contenuto di queste telefonate? Nessuno fino a questo momento può dirlo. Di certo si sa che l’ex ministro ha già confidato (sempre al telefono) alla moglie che “a Palermo stanno succedendo cose terribili”. E che ai primi di marzo – e cioè sicuramente dopo le telefonate con Napolitano – si scatena il pressing telefonico di Mancino su Loris D’Ambrosio, il consigliere giuridico del Quirinale, al quale l’ex ministro dell’Interno, sentendosi addosso i riflettori della procura di Palermo che indaga sulla trattativa Stato-mafia, e temendo di finire nel registro degli indagati (cosa che avverrà a giugno), chiede in tono sempre più insistente un intervento di copertura istituzionale. Dalle telefonate intercettate, si scoprirà poi che D’Ambrosio si mostra più che disponibile alle richieste di Mancino, che riferisce puntualmente le sue ambasciate al capo dello Stato, al punto da coinvolgere il procuratore nazionale Piero Grasso (che rifiuta ogni soccorso), così come il pg della Cassazione Vitaliano Esposito, e il suo successore Gianfranco Ciani (che collaborano), nel tentativo di coordinare la procura di Palermo con le procure di Firenze e di Caltanissetta, ovvero di tarare l’indagine sul dialogo Stato-mafia sul principio di non perseguibilità dei politici coinvolti.

Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - 13 ottobre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf

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