lunedì 1 ottobre 2012

L’ora di religione secondo Profumo (di Ilaria Donatio)


Ma guarda un po’ se la cosa più sensata, quasi banale, ma al tempo stesso politica, la doveva dire un ministro tecnico come Francesco Profumo, titolare del Dicastero all’Istruzione del governo Monti: “Il nostro Paese è sempre più multietnico, e nelle nostre scuole ci sono studenti che provengono da culture, religioni e paesi diversi. Bisogna perciò cambiare modo
di fare scuola”. Perché oggi la scuola è “più aperta, più multietnica, capace di correlarsi al mondo”. E dunque c’è la “necessità di una revisione dei programmi, non solo di religione, ma anche di geografia, in questo senso, in questa direzione”.

Nessuno dei suoi predecessori – l’elenco è lungo ma è opportuno citarne almeno cinque di ministri “politici politici”, in chiave bipartisan: Berlinguer, Di Mauro, Moratti, Fioroni, Gelmini – aveva mai preso posizione sull’insegnamento della religione cattolica a scuola. Si sa, ciascuno faceva riferimento a un proprio elettorato e “inimicarsi” il Vaticano non è una scelta che paga politicamente. Piuttosto, assomiglia a una cambiale in bianco da protestare al primo appuntamento con le urne.

Come ci ricorda bene l’Uaar, l’ora di religione (in breve Irc) esiste perché esiste il concordato. Che, come modificato nel 1984, recita: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”.
E quello di rinunciare alle proprie tradizioni è fin da ora il timore più diffuso tra i commenti “conservatori” della prima ora: una critica risibile oltre che ambigua, di stampo tipicamente elettoralistico. Da quando proporre più di un’unica opzione formativa metterebbe in ombra la storia di un Paese, la sua cultura religiosa, le sue radici?

Simili cavolate non si sentivano dai tempi di Franco Frattini, sì l’ex ministro degli Esteri del governo Berlusconi ma anche – badate bene – Commissario europeo per la Giustizia, i Diritti fondamentali e la Cittadinanza. Espressosi, nell’ordine, contro il multiculturalismo – celebre l’intervista in cui seraficamente e sempre col sorriso sulle labbra proponeva la sua personale ricetta: “Si va in un campo nomadi a Roma, ad esempio sulla Cristoforo Colombo, e a chi sta lì si chiede ‘tu di che vivi?’. Se quello risponde ‘non lo so’, lo si prende e lo si rimanda in Romania” – l’ateismo – memorabile quell’altra intervista all’Osservatore Romano in cui dichiarò che “l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam dovrebbero allearsi per contrastare l’ateismo” da lui definito (pacatamente, s’intende) come un “fenomeno perverso” al pari dell’”estremismo”?

E, infine, qualcuno di voi ha registrato a futura memoria le parole pronunciate dall’ex ministro degli Esteri, in risposta al “buon” leghista Castelli che chiedeva (diamine!) di inserire un emendamento costituzionale per “disegnare” una croce all’interno della bandiera italiana? Eccole: “Noi per ora vogliamo difendere il diritto a tenere il crocifisso nelle nostre classi, poi vediamo se si può fare di più”. (E tanto per chiudere il cerchio: Frattini definì quella una proposta suggestiva, La Russa “una battuta propagandistica!). Amen.

Naturalmente si parla di croci, tradizioni e radici per non parlare d’altro. Di numeri ad esempio. E di regole.

Vediamone alcune. I docenti di religione sono scelti dalla curia, a suo insindacabile giudizio (e quindi lo Stato paga lo stipendio a persone su cui non ha il minimo controllo). Per conservare il posto, gli insegnanti di religione devono chiedere, ogni dodici mesi, il nulla osta all’autorità diocesana, dalla quale possono essere revocati anche per ragioni che non hanno nulla a che fare con le capacità dell’insegnante, ad esempio, per “condotta morale pubblica in contrasto con gli insegnamenti della Chiesa”.

Come se non bastasse, esiste un’ordinanza ministeriale – n. 128 del 14 maggio 1999 – che sostiene che “lo studio dell’Irc o dell’ora alternativa possono concorrere a formare il cosiddetto credito scolastico, e quindi il punteggio di ammissione all’Esame di Stato”. Ordinanza che, nei contenuti, è stata confermata da tutti i ministri succedutisi negli anni e contro cui è stato presentato ricorso al Tar dai valdesi e dalle chiese evangeliche. Ricorso rigettato: perché? La ragione è di sostanza (si fa per dire): “Non hanno notificato le controparti”, vale a dire tutti gli studenti che si avvalgono dell’Irc!

Numeri. Per i docenti di religione lo Stato sostiene un costo pari a 1,25 miliardi di euro, ottenuto, moltiplicando il costo totale dell’istruzione scolastica per il rapporto tra insegnanti di religione cattolica (nel 2010, nella scuola statale erano 26.326 su un totale di 931.756) e il totale degli insegnanti.

Il ministro Profumo oggi ha detto una cosa non laicista, come la saluteranno certamente alcuni, e vi dirò, neppure laica: ha detto una cosa di buon senso. E il paradosso è che l’abbia detta un ingegnere elettrotecnico, non votato dagli italiani e che, per una volta, ha rappresentato tutti i cittadini e non solo alcuni.

Ilaria Donatio - 25 settembre 2012 - MicroMega
@iladonatio
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