giovedì 27 settembre 2012

Processo Dell’Utri, da Palermo alla Boccassini


ACCUSATO DI ESTORSIONE. LA CASSAZIONE DECIDE CHE LA COMPETENZA TERRITORIALE È DI MILANO, DOPO 10 ANNI DI INDAGINI IN SICILIA

Palermo
Sei mesi fa ha decretato che Marcello Dell’Utri è stato un attivo intermediario tra Silvio Berlusconi e gli interessi di Cosa Nostra. Oggi la Cassazione torna sui suoi passi, ricorda
che la responsabilità penale del senatore pdl è stata affermata solo “fino al ’92”, e trasferisce alla Dda di Milano l’inchiesta del pool di Palermo che ipotizza a carico di Dell’Utri un’estorsione per circa 40 milioni di euro, consumata nell’arco di dodici anni proprio ai danni dell’amico Silvio.

Dal tavolo di Antonio Ingroia l’indagine, dunque, passa ora a quello di Ilda Boccassini. La ragione? Quei soldi – che secondo l’aggiunto di Palermo e i pm Nino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene, sarebbero in parte finiti nelle casse di Cosa Nostra – sono stati versati dall’ex premier a Dell’Utri su conti correnti accesi presso banche di Milano (tranne due, trasferiti su un conto corrente presso il Credito cooperativo di Firenze, la banca di Denis Verdini). E dunque è Milano che deve indagare. Tutto qui.

“Ai fini della competenza”, spiega il sostituto pg Aurelio Galasso, autore del provvedimento che decreta il trasferimento dell’indagine alla Dda di Milano, “occorre far riferimento alla prima dazione di denaro”, e poiché “i primi bonifici sono stati effettuati su banche di Milano, il reato deve ritenersi consumato a Milano”. Esulta il diretto interessato, Dell’Utri, che evidentemente considera l’uscita di scena del pool di Palermo come un’anticipazione di futuri vantaggi: “Questa decisione – dice Dell’Utri – dimostra che è un’inchiesta del cavolo”. Esulta il suo avvocato, Pino Di Peri, soddisfatto “che sia stata applicata correttamente la normativa sulla competenza territoriale”. Ed esultano anche i difensori di Berlusconi, gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo, che avevano già presentato un’eccezione di incompetenza (respinta dai pm di Palermo) prima di sollevare il conflitto davanti alla Cassazione, proprio sulla base del principio che la presunta estorsione – peraltro sempre negata – si sarebbe semmai consumata nel luogo dove sono stati effettuati i versamenti a Dell’Utri: ovvero a Milano.

Poco importa, insomma, che il fido Marcello sia ritenuto, con tanto di bollo della Cassazione, l’uomo-cerniera tra Berlusconi e la mafia. Poco importa che da oltre dieci anni la Procura di Palermo sia impegnata in un processo a suo carico per concorso in associazione mafiosa (7 anni la condanna in primo grado, 9 in secondo grado) che, dopo l’annullamento della Suprema Corte, è riapprodato davanti ai giudici d’appello . Per la Cassazione, tra il Dell’Utri presunto mafioso e il Dell’Utri presunto taglieggiatore di Berlusconi, anche se per conto di Cosa Nostra, non c’è connessione.

“Il richiamo da parte dei pm di Palermo della condanna di Dell’Utri – scrive il pg della Cassazione (citando a suo conforto il parere espresso nei giorni scorsi dal procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso in favore della competenza milanese) – non appare rilevante ai fini di una eventuale competenza per connessione: come rilevato dal procuratore nazionale, infatti, non vi è coincidenza temporale tra le vicende, dal momento che la responsabilità penale di Dell’Utri è stata affermata fino al 1992, mentre i fatti per cui si procede sono successivi; inoltre i due procedimenti si trovano in diverse fasi procedimentali, sicché nessuna connessione è ipotizzabile”.

Dopo aver sentito Berlusconi come “parte offesa” e la figlia Marina come teste, i pm di Palermo avevano chiesto nei giorni scorsi una rogatoria con la Repubblica di Santo Do-mingo, il Paese dove sono finiti i 20 milioni di euro versati dal Cavaliere a Dell’Utri alla vigilia della sentenza definitiva nel processo per mafia che potenzialmente poteva trascinare il senatore in carcere.

Per aver dirottato quella somma sul conto domenicano la moglie di Dell’Utri, Miranda Ratti, è indagata per riciclaggio. Lo stop della Cassazione ora rimette tutto in discussione: l’indagine passa al procuratore aggiunto Ilda Boccassini, alla guida della Dda di Milano, titolare del procedimento sul caso Ruby e in passato pm dei processi Sme e Lodo/Imi-Sir.

“Prendo atto della decisione”, è il lapidario commento del pm Nino Di Matteo, “voglio solo ricordare che la stessa Cassazione aveva sostenuto la fondatezza dell’ipotesi per la quale Dell’Utri fece da intermediario nel pagamento, a titolo estorsivo, da parte di Berlusconi, di somme destinate ai clan mafiosi di Palermo”.

Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza
27 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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