martedì 25 settembre 2012

COLLE E GOVERNO STRATEGIA: FARSI I FATTI PROPRI


Informati da domenica dell’addio della Polverini, non sono intervenuti

Il Quirinale e Palazzo Chigi sono rimasti a bordo campo, non sono intervenuti delicatamente né hanno fischiato falli mentre osservavano la partita di stracci, ruberie e scossoni che travolgeva la Regione Lazio. Pubblicamente, hanno detto poco e nulla. In privato, sapevano
da domenica le intenzioni del presidente, pronta a dimettersi come accaduto poi ieri sera.

Mario Monti ha salutato Roma, in partenza per gli Stati Uniti non ha messo nei bagagli la Polverini, che pure domenica l’aveva raggiunto per un chiarimento non richiesto: “Non è mai stata convocata. È stata una sua iniziativa, assolutamente spontanea”, precisano nel governo per segnare una distanza fisica e per non inficiarsi in questioni che sono protette da un'intaccabile autonomia locale. Anche se, e non lo dimenticano, la governatrice rappresenta il Pdl e i berlusconiani sono un pezzo insostituibile di maggioranza.

Il professore ha pensato di prendere il pallone di striscio lamentando l’ostruzionismo dei partiti appena si tocca il tema corruzione e si cerca di tamponarlo con una legge che attende da anni. Una tattica che tiene Monti lontano dal romanzo Franco Fiorito, l'ex capogruppo pdl che utilizzava soldi pubblici per scopi privati, e dunque è sotto inchiesta per peculato.

Quello che Monti lascia in eredità, prima di decollare, è un sentimento verso la Polverini: non certo la compassione. Raccontano a Palazzo Chigi: “La governatrice forse cercava un sostegno per restare in Regione, non sarà certo arrivato da Monti, che le avrà consigliato – senza dirlo – di mollare o comunque di trovare una soluzione immediata”.

Chissà se la Polverini avrà intercettato questo messaggio in codice. Oppure si è consolata con il tiepido interesse del professore che, durante le prime voragini laziali, aveva chiesto lumi al deputato Antonio Martino: “Che succede nel Pdl?”.
Una domanda rimasta sospesa per una settimana fin quando lo stesso Monti non ha impresso un timbro che significa nulla: “Questa vicenda è inaccettabile”.
È un giudizio molto severo che contiene il massimo sforzo possibile di Monti e di un governo che non vanno in cerca di nuovi contrasti con i partiti di maggioranza, soprattutto con i berlusconiani.

Il presidente Giorgio Napolitano, però, aveva inserito la Polverini in un ragionamento più ampio: “È importante che venga mantenuta per l'Italia e per l'Europa, un effettivo grado di affidabilità istituzionale a Roma”. Il monito è stato interpretato in modi diversi, alcuni scommettevano che si riferiva anche ai guai dell'ex sindacalista ora governatrice.

In sette giorni, invece, il Colle aveva comunicato e dichiarato su qualsiasi argomento: primo convegno su chirurgia estetica; cena nei saloni del Quirinale con Zdenek Zeman e Alena Seredova per celebrare l'amicizia con la Repubblica Ceca; ricevimento dei nazionali olimpici e paralimpici con relativo rinfresco; complimenti al Campus “Luigi Einaudi” per le innovazioni tecnologiche per il risparmio energetico.

Il consigliere Pasquale Cascella fa notare che “il presidente segue con costante attenzione e preoccupazione le faccende politiche e istituzionali, ma che lo fa con estrema riservatezza”. Cascella esordisce con una premessa: “Ha detto tutto il vostro direttore”. Antonio Padellaro domenica aveva scritto: “Napolitano e Monti tacciano”. E agenzie e quotidiani non smentiscono.

A parte la comprensibile curiosità di Monti, che non vuole “dare una cattiva immagine all’estero” e i riflettori semispenti del Colle, Renata Polverini ha giocato in solitario non avendo sostenitori e avversari istituzionali a bordo campo.

Poi ieri sera arriva il contatto definitivo tra la governatrice e Napolitano: l’ex sindacalista, famosa per le sue apparizioni a Ballarò, comunica le dimissioni al Quirinale. E Monti, in viaggio verso gli Stati Uniti, riceve la stessa notizia. La Polverini rivela di aver avvisato il Colle e Palazzo Chigi già domenica. Che non hanno mai speso pubblicamente una parola sugli sprechi regionali e sull’inchiesta Fiorito. Al contrario di Angelo Bagnasco (“Inaccettabili reticoli di scandalo”), presidente dei Vescovi italiani, che avrà influito su Pier Ferdinando Casini, l’ultimo gancio che teneva legata la Polverini in Regione. Fino a ieri sera.

Carlo Tecce - 24 settembre 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano Pdf
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