giovedì 27 settembre 2012

C'è un altro appello da firmare ... fa rima con vai a cagare (di Rita Pani)


Questa volta no, non firmerò l’appello per avere una legge contro la corruzione. Il decreto anti corruzione giace nel Parlamento italiano da tempo immemorabile, rimandato per volere del pdl – il partito che la corruzione, già endemica in Italia, l’ha istituzionalizzata portando la
mafia a governare lo stato; scrivendo ed approvando leggi che tutelassero l’ex corruttore del consiglio. Non firmerò l’appello per richiedere qualcosa di scontato.
Non ho mai compreso perché in una pineta dovessero esserci dei cartelli che proibivano di accendere fuochi. Non ho mai compreso perché in luoghi così belli da essere patrimonio dell’Unesco, dovessero esserci i cartelli che proibiscono di gettare rifiuti. Non comprendo perché un cittadino debba firmare l’appello perché si faccia una legge contro la corruzione.
Un conto è essere sodomizzati contro la nostra volontà, un conto e mettersi proni, abbassarsi le mutande, ungersi e facilitare il compito.
Come osano chiedere a me – e non a noi, scusatemi tanto, ma ho perso la fiducia – di affidare il compito di promulgare una legge contro la corruzione, ad un Parlamento che dovrebbe riunirsi in seduta dentro la sala mensa di un super carcere?
Come osano chiedere ad un popolo un gesto di responsabilità, quando lo stesso popolo è colpevole di aver affidato le redini dello stato nelle mani di una cosca mafiosa, di una banda di malfattori, che in maniera criminale ha demolito quei pochi fondamenti di democrazia e civiltà che eravamo riusciti a conservare dopo l’abbattimento di quella prima Repubblica, che in confronto alla seconda, sembra un asilo delle Orsoline?
Abbiano il coraggio di chiedere a Riina e Provenzano di riscrivere il 41 bis. Abbiano il coraggio di affidare alla Franzoni il ministero per la famiglia, a Briatore quello del lavoro, a Scapagnini quello della salute. Vada a Dell’Utri il trono della giustizia, e a quel tizio debosciato la presidenza della Repubblica. Si assumano una volta tanto la responsabilità dell’oltraggio e della sodomia.
Se non ho più voglia io di pensare alla Rivoluzione (che non è Grillo, giuro!) abbiano loro il coraggio di finire il lavoro che troppi italiani gli hanno affidato. Lo facciano in fretta e tutto in una volta, e non con questo quotidiano stillicidio sfiancante, fatto di cronache di giornaletti asserviti, televisioni che fabbricano i mostri ai quali la gente si piegherà prona, proclami di propaganda che sembrano scritti da Perrault.
Chi alla fine riuscirà a restare vivo, avrà un buon motivo per conservarsi, chi soccomberà sarà finalmente in pace.

Rita Pani (APOLIDE) - 27 settembre 2012 -
R-ESISTENZA-INFINITA
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